Lo smart working, dall’inglese smart (intelligente) e working (lavoro, modo di lavorare) consiste in un nuovo approccio all’organizzazione aziendale, in cui le esigenze individuali del lavoratore si contemperano, in maniera complementare, con quelle dell’impresa. Sembrerebbe tutto molto bello … . 

Il concetto di smart working ricomprende molteplici aspetti. Si passa dalla flessibilità nella prestazione lavorativa di tipo orario oppure di tipo spaziale, fino a forme di welfare aziendale per facilitare i lavoratori genitori o impegnati in forme di assistenza parentale.

Lo smart working implica un nuovo modello di organizzazione del lavoro, in cui sono fondamentali questi tre elementi:

  • Risorse umane. È necessaria una nuova ottica da parte del personale che deve essere pronto a rivedere il proprio ruolo in un’ottica di flessibilità e disponibile a creare maggiori sinergie con il management.
  • Tecnologia. Le modalità di lavoro devono essere tecnologicamente avanzate e l’accesso ai dati aziendali deve essere possibile da remoto (cioè da fuori ufficio), consentendo forme di lavoro più efficienti e altamente personalizzate.
  • Monitoraggio costante. È indispensabile un’analisi dei risultati del lavoro per valutare l’efficienza del personale a seguito dell’introduzione del nuovo modello organizzativo del lavoro.

In un quadro normativo ancora non definito e in attesa dell’attuazione di una legge organica e sistematica che disciplini l’istituto dello smart working, la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, attualmente, è affidata alla normativa dei congedi genitoriali tramite l’applicazione delle disposizioni ora in vigore [1]. La flessibilità oraria viene ora spesso identificata con il solo part-time, oppure, con la “banca ore” nei settori in cui è previsto dal CCNL.

Le disposizioni comunitarie sul lavoro innovativo e agile [2] non prevedono l’adozione di una direttiva sul tema dello smart working, ma lasciano che la regolamentazione venga definita tramite la contrattazione collettiva di ogni Stato membro. In Italia la contrattazione collettiva, in particolare aziendale, ha assunto un ruolo fondamentale nella sperimentazione di nuovi strumenti, soprattutto rispetto al telelavoro su cui le parti sociali hanno tracciato una cornice d’azione precisa con un accordo [3].

In tale ambito il telelavoro viene inteso come una particolare modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e non come una tipologia contrattuale a sé. Per lavorare al di fuori dei locali e dell’organizzazione standard dell’impresa, ci si avvale delle tecnologie dell’informazione sempre più sofisticate grazie “all’Internet of Things“. Il risultato è rendere la prestazione lavorativa slegata da vincoli ambientali o temporali.

Nel corso del tempo il telelavoro si è differenziato in base ai settori di attività, passando da quello presso il domicilio del lavoratore a quello mobile, arrivando ai cd. “uffici virtuali”, dove l’intera organizzazione aziendale si basa sul telelavoro e non riguarda solo particolari lavoratori o figure professionali.

In Italia, l’approccio prevalente è quello di considerare lo smart working (o telelavoro) come un ausilio per personale che necessita di specifiche attenzioni (come dimostrano le sperimentazioni avviate dalle Pubbliche Amministrazioni) ma in realtà l’Accordo Interconfederale non prevede limitazioni.

Infatti, l’elemento fondamentale per l’adozione di misure di smart working, telelavoro, rimane la volontarietà del datore di lavoro e del dipendente. Nasce, pertanto, dall’iniziativa delle parti la scelta di optare per il telelavoro, la quale può manifestarsi sia al momento dell’assunzione che successivamente.

L’Accordo definisce anche ulteriori aspetti, oltre il principio di volontarietà:

  • ogni questione in materia di strumenti di lavoro e responsabilità deve essere chiaramente definita prima dell’inizio del telelavoro
  • il datore di lavoro fornisce al telelavoratore i supporti tecnici necessari allo svolgimento della prestazione lavorativo, salvo che il dipendente non utilizzi mezzi propri
  • la responsabilità della fornitura, installazione e manutenzione degli strumenti necessari spetta generalmente al datore di lavoro. Mentre è obbligo del telelavoratore utilizzarli in modo lecito ed averne cura
  • il datore di lavoro provvede alla compensazione o copertura dei costi direttamente derivanti dal lavoro, in particolare quelli relativi alla comunicazione, quando la prestazione è continuativamente svolta tramite telelavoro
  • il datore di lavoro è responsabile della tutela della salute e della sicurezza professionale del telelavoratore, deve pertanto informare il telelavoratore delle politiche aziendali in materia, in particolare in ordine all’esposizione al video. Il telelavoratore è tenuto ad applica correttamente le direttive aziendali al riguardo.

Pro e contro.

Da una parte, lo smart working implica una maggiore flessibilità nel bilanciare il rapporto lavoro-famiglia e i ritmi lavorativi con quelli giornalieri, implica un aumento della propria soddisfazione lavorativa con ripercussioni positive anche in termini di produttività e contenimento dei tassi di assenteismo. Dall’altro lato, gli aspetti negativi riguardano un minor coinvolgimento nelle dinamiche di apprendimento del know-how attraverso l’osservazione dei colleghi e l’isolamento e la mancata integrazione rispetto alla “squadra” di lavoro. Si tratta di aspetti che possono essere valutati e risolti in sede di definizione dell’organizzazione del telelavoro, specificando le modalità di coordinamento tra unità operativa e lavoratore.

In particolare, la valutazione delle performance del lavoratore smart working, assume un rilievo enorme in questo modello organizzativo. A tal fine risulta utile l’individuazione di indicatori o parametri obiettivi quali: numero email inviate, numero telefonate svolte, numero di clienti e la loro soddisfazione ecc.

E’ fondamentale per un positivo esito dello smart working il confronto costruttivo delle parti sociali sulle modalità organizzative e sopratutto la comunicazione tra i soggetti coinvolti.

[1] D.Lgs. 151/2001.

[2] Accordo Quadro del 16 luglio 2002.

[3] Accordo Interconfederale del 9 giugno 2004.